Il braccio arcuato che offre riparo alle navigazioni pericolose nello Stretto emerse dal mare durante l’età protostorica, prima sotto forma di rocce isolate, poi congiunte da una lingua di sabbie che la collegò con la pianura alluvionale, anch’essa di recente formazione. Questa storia geologica risale al secondo millennio a. C. e a causa di essa nacque il racconto mitologico greco che spiegava la nascita del porto dalla falce che Kronos avrebbe gettato in mare dopo aver evirato il padre Urano.
Infatti la colonia greca venne chiamata Zancle dal termine siculo DANKLON che significava “falce”.
Subito dopo la sua fondazione i coloni eressero sulla punta estrema, dove adesso è la Madonnina, un piccolo santuario dedicato, probabilmente, alle divinità che li avevano guidati nel viaggio per mare e che proteggevano la nuova città. La scoperta di questa area sacra è merito dell’Archeologo Paolo Orsi, il quale mise in salvo nel nostro museo i vasetti greci rinvenuti casualmente dalla Marina militare, durante la realizzazione di un pozzo idrico, nel 1926. Lo studio di questi reperti ed, in particolare, di un frammento di gocciolatoio in terracotta, ha permesso allo studioso di ipotizzare la presenza in questo sito di un edificio coperto con tegole. Tale struttura doveva essere un luogo di culto, in considerazione della grande quantità di ceramiche greche rinvenute, tra le quali i preziosi contenitori di essenze profumate che sono esposti in questa sala. Questi unguentari hanno varie forme e, di conseguenza, sono identificabili con diversi nomi greci: aryballos, di forma ovulare; alabastron, di forma fusiforme, chiamato così dal materiale prezioso di cui era fatto in origine. Molti di questi sono decorati con figure nere o motivi geometrici. Gli studiosi hanno riconosciuto la diversa provenienza di ciascun vasetto: dalle fabbriche di Corinto, dalle isole ionie dell’Egeo, dalla madrepatria Calcide, oppure dai vasai locali dell’area dello Stretto. I più antichi si datano all’epoca della fondazione, alla fine dell’VIII sec. a. C., e poi, via via, nel corso del VII e VI sec. a. C.
Dunque i nuovi abitanti di Zancle- Messana deposero queste offerte agli dei per chiedere protezione alla città negli anni e secoli successivi al primo sbarco, forse proprio sulla spiaggia ove questo era avvenuto, nella estrema punta rientrante della falce. Il ricordo di questo luogo e del rito fondativo, quindi, si mantenne nonostante i continui trasferimenti di popolazioni diverse nella città dello Stretto e il cambiamento dello stesso nome con un etnico dorico.
Significativo poi il fatto che in tale sito sia stato costruito dai conquistatori normanni il monastero del SS. Salvatore, denominato “in lingua Phari” per la presenza forse di un faro antico lì dove sorge adesso la Lanterna del Montorsoli. Si trattò, infatti, da parte del re Ruggero dell’atto simbolico di una nuova “fondazione” cristiana della città e di tutta l’Isola dopo l’usurpazione islamica.
Per quanto riguarda il sistema antico di segnalazione luminosa ai naviganti, gli studiosi, sulla base delle immagini nelle monete di Sesto Pompeo, hanno ipotizzato l’esistenza sul porto di una torre circolare con un fuoco all’interno, sulla quale sorgeva una statua del dio Poseidon- Nettuno.
La penisola falcata non venne urbanizzata in età antica, ma, come nelle epoche successive, venne utilizzata per le attività portuali. Dai fondali della attuale banchina “Egeo” sono riemersi reperti archeologici molto importanti per ricostruire la storia dell’uso dell’unico approdo sicuro dello Stretto. Infatti sono stati identificati frammenti di ceramiche d’impasto dell’età del Bronzo, ossia dell’epoca in cui gli scogli rocciosi si riunirono in una lingua di terra. Possiamo, quindi, immaginare che già nel lontano secondo millennio a. C. i navigatori del Mediterraneo si servissero della “falce” per fare scalo o commerciare con le popolazioni della cuspide nord- orientale della Sicilia. A queste comunità protostoriche dell’età del Bronzo appartenevano i defunti conservati entro i grandi vasi esposti nella sezione precedente.
Nello stesso scavo al di sotto della banchina Egeo sono stati rinvenuti numerosi frammenti ceramici databili alle fasi greche e romane di Zancle- Messana, testimoniando, così l’utilizzo continuato di questo punto di sbarco durante tutta l’età antica.