Caravaggio e i Caravaggeschi

Il naturalismo del Caravaggio coinvolge i pittori locali sin dal secondo decennio del secolo, determinando un generale rinforzo delle ombre ed una semplificazione delle pose dei personaggi, ispirate ad atteggiamenti naturali, mentre le fisionomie sembrano spesso riprese dal vero. Questo processo di “naturalizzazione”, che porterà a nuovi ideali rientranti a pieno titolo in una concezione moderna dell’arte, darà luogo, soprattutto nei primi decenni del Seicento, a diversi casi di “contaminazione” tra lo stile pittorico precedente – per lo più legato all’eredità di Polidoro o a più aggiornati esempi tosco-romani – e naturalismo caravaggesco.

Tra i pittori aderenti a questi orientamenti sono il messinese Giovan Simone Comandè, del quale il Museo possiede diverse opere, tra le quali l’Adorazione dei Magi (foto 1), ancora di stile manieristico, la Santa Caterina d’Alessandria, del 1623 (foto 2), e soprattutto la Pesca miracolosa (foto 3), che invece mostra una personale interpretazione delle istanze naturalistiche; e Filippo Paladini, toscano ma residente in Sicilia dal 1600 al 1614, anno della morte, che ebbe una vasta influenza nell’isola grazie alla sua cifra elegante e di pacato, quotidiano naturalismo, rappresentato al Museo dal San Francesco riceve le stimmate (foto 4).

Il siracusano Mario Minniti, secondo lo storiografo Susinno amico e convivente del Caravaggio a Roma e poi molto ricercato in Sicilia e a Malta per commissioni chiesastiche e private, presenta diversi registri nella sua adesione al caravaggismo: convinto seguace del Merisi, ne ripropone alcuni modelli in iconografie di vasta fortuna – come l’Ecce Homo e le altre scene della Passione di Cristo  – e ne interpreta il realismo drammatico, i colpi di luce e la tecnica pittorica, come nel Cristo Crocifisso e la Maddalena (foto 6); altrove invece adotta un caravaggismo addolcito e morbido, con ampie aperture paesistiche, come nel Miracolo della Vedova di Naim (foto 7).

È  però soprattutto il messinese Alonzo Rodriguez a cogliere dal Caravaggio gli elementi di maggiore rottura col passato in termini di realismo e sensibilità verso il mondo popolare. Artista dai forti contenuti emozionali, in opere come la Cena in Emmaus (foto 8), l’Incredulità di San Tommaso (foto 9), il Commiato dei Santi Pietro e Paolo (foto 10),  Rodriguez si impone anche per la pregnanza ritrattistica dei volti tratti dal vero. Nella Strage degli Innocenti (foto 11), collocabile, secondo le ultime acquisizioni critiche, verso gli anni Trenta, si riscontra il recupero di modelli e schemi di derivazione classica, cui il pittore infonde un intenso pathos e un senso commosso della realtà che, partendo da noti esempi del Caravaggio, assume toni enfatici, per certi aspetti anticipatori del barocco.

A partire dagli anni Trenta-Quaranta intervengono infatti altri fattori che modificano l’acquisita sensibilità luministica derivata da Caravaggio, inglobandola all’interno di un diffuso recupero della monumentalità e del rigore classico, accompagnati dalla riscoperta di colori chiari e luci dorate. Un ruolo importante per questa svolta fu giocato dall’influsso in Sicilia di figure come quella del palermitano  Pietro Novelli o del fiammingo Antoon Van Dyck.

Le opere della fase tarda dei caravaggeschi Minniti e Rodriguez, che muoiono rispettivamente nel 1640 e nel 1648, risentono di questa svolta generale nella pittura italiana ed europea. I contrasti chiaroscurali di derivazione caravaggesca mantengono un tono sostenuto anche se spesso stemperati da colori freddi e da una stesura più libera che prelude al pittoricismo del pieno Seicento: si vedano ad esempio l’Immacolata e Santi (foto 12) del Minniti, del 1637, o la Presentazione della Vergine al tempio del Rodriguez (foto 13), probabilmente già degli anni Quaranta.

In questo contesto, operano inoltre in Sicilia pittori nordici che recepiscono alcuni valori caravaggeschi mescolandoli con sostrati culturali e figurativi personali, come Jan Van Houbracken (foto 14) o Matthias Stomer (foto 15).

L’influsso del Caravaggio avrà una lunga durata, tanto da essere percepibile in altri artisti attivi a Messina a metà secolo e oltre, o che vi hanno inviato opere: tra questi, il “Cavalier Calabrese” Mattia Preti (foto 16).

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