Rinascimento
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Santa Caterina d’Alessandria

Datazione1520 ca
Tipo di oggettoStatua
Materia e TecnicaMarmo
Dimensionibasamento 31 cm, altezza 153 cm
CollocazioneSala Rinascimento - Museo regionale Messina (Accascina)
Provenienza Monastero delle Benedettine S. Lucia del Mela

Descrizione e approfondimenti

Caterina era una giovane di Alessandria d’Egitto, ricca, colta, e di nobili natali, uccisa come martire nel 305 dopo Cristo.

È raffigurata a figura intera, in piedi, su una base istoriata. Indossa una veste ampia di tessuto leggero, che asseconda soavemente i volumi e la posa della figura formando fitte pieghe, punteggiate da fiori stilizzati dipinti in oro. Una larga profilatura, anch’essa in oro, insieme a mazzetti vegetali disseminati qua e là, decorano l’esterno del manto, che nei risvolti rivela l’interno blu-verde. Le scarpe presentano un motivo a fasce e bastoncini, che richiama un tessuto con inserti in metallo prezioso. L’acconciatura è ricercata e naturale al tempo stesso. Una cuffia di velo trasparente lascia scoperti, sul retro, i capelli classicamente acconciati: alcune ciocche sono annodate con morbidezza sulla nuca, altre si dispongono a onde sul manto.

Santa Caterina è accompagnata dai suoi tipici attributi: la ruota dentata, simbolo del martirio cui fu sottoposta e che tuttavia la vide illesa, e un libro, allusivo alla sua cultura e capacità di discettare.

Nella base sono raffigurate le tre scene salienti della sua vita: la Disputa con l’imperatore, o il tiranno, in difesa della fede cristiana; il Martirio con la ruota dentata; la Morte con la spada, per giugulazione o decapitazione.

L’autore, Giovan Battista Mazzolo, veniva da Carrara, ed è documentato a Messina dal 1512 al 1554 circa. Si è dunque formato nell’ambiente toscano di fine Quattrocento, sul quale sono soprattutto improntati i caratteri formali della nostra statua. Tra le opere messinesi più importanti del Mazzolo, ricordiamo quelle per il Duomo: il Monumento Bellorado, la cappella La Lignamine, la porta di Santa Lucia, alcune statue del portale maggiore.

 

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In mancanza di firme o documenti, il riconoscimento dell’autore in Giovan Battista Mazzolo è stato formulato sulla base dell’analisi stilistica dell’opera. In passato questa è stata accostata anche ad uno scultore messinese attivo negli stessi anni, peraltro in qualche occasione collaboratore dello stesso Mazzolo, Antonello Freri.

Nella sua bottega lavorava il figlio Giovan Domenico, che costruì la sua carriera sulla solida base dell’attività del padre, inoltrandosi però negli stilemi manieristici, mentre il padre era rimasto legato agli impianti tardo quattrocenteschi.

L’impostazione della figura e del panneggio riprendono infatti quelle della Santa Caterina d’Alessandria attribuita a Benedetto da Maiano che si trova a Terranova Sappo Minulio (Reggio Calabria), degli ultimi anni del Quattrocento: un modello importante per lo sviluppo di questo tema, ma anche per altre simili figure femminili nelle varie derivazioni scultoree siciliane e calabresi, ineguagliato nella morbidezza nelle carni e nella fluida naturalezza nei panneggi, di contro al linearismo insistito e acuto della nostra Santa Caterina.
Mazzolo riprese più volte, in anni successivi, questo soggetto, ad esempio, nel 1530, nella Santa Caterina di Bianco (Reggio Calabria).

Rispetto a questo esemplare, la nostra Santa Caterina non presenta ai piedi la testa del tiranno che l’aveva martirizzata: un elemento invece quasi sempre presente nell’iconografia cateriniana dell’arte meridionale.

La nostra Santa Caterina reggeva in origine, con la mano destra, la palma del martirio, evidentemente andata perduta, ma della quale si vedono ancora alcuni frammenti (figg. 9-10).

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