Descrizione e approfondimenti
L’Adorazione dei pastori, di Michelangelo Merisi da Caravaggio, è un dipinto su tela alto cm 314 e largo cm 211. Proviene dall’altare maggiore della chiesa messinese di Santa Maria della Concezione dei Padri Cappuccini, distrutta nel 1908, e arriva al Museo Civico, poi Nazionale, nel 1887.
Ci dicono le fonti storiografiche che l’Adorazione dei pastori è stata commissionata dal Senato messinese per un compenso molto alto. Sul periodo di esecuzione non abbiamo certezza che debba essere collocato tra il 1608 e il 1609, precedendo la Resurrezione di Lazzaro, consegnata nel giugno del 1609, o successivamente, nel corso dell’estate dello stesso anno.
In origine l’opera doveva essere inserita entro una cornice lignea intagliata tipicamente cappuccina, posteriore alla sua realizzazione: il Susinno ci dice infatti che l’opera fu decurtata per essere incassata, notizia che trova conferma nelle tracce, sulla tela, delle dimensioni del telaio originario, dai 10 ai 20 centimetri circa più alto. L’attuale cornice in legno intagliato e dorato, proveniente dal Duomo, invece è stata adattata e aggiunta nel 1923.
Maria è semidistesa in terra e immersa nella spossatezza del dopo parto, con la testa avvolta in un velo color ocra che le copre i capelli, contrariamente a quasi tutte le Madonne conosciute del Caravaggio, dalla testa scoperta e spesso dalla chioma fulva.
Il gesuita Placido Samperi, nel suo libro Iconologia della Vergine, del 1644, prima fonte storiografica sul quadro, evidenzia nel dipinto soprattutto il ruolo della Madonna: vi riconosce infatti una «Madonna del Parto», forse cogliendo, nella posa della Vergine sdraiata in terra, un legame con antiche Natività probabilmente bizantine o comunque medievali, dalle quali è possibile che il Caravaggio abbia tratto ispirazione.
Per quanto riguarda il gruppo compatto di San Giuseppe con i pastori, «quasi colati in bronzo», come diceva lo storico dell’arte Roberto Longhi, il loro aspetto non convenzionale – come la camicia con i bottoni del pastore calvo – ha determinato nella storiografia antica, e anche nella critica più recente, alcuni dubbi interpretativi, ad esempio sul riconoscimento del personaggio di San Giuseppe. Quest’ultimo è invece certamente da individuare nell’anziano in primo piano con l’aureola, avolto in un mantello marrone e con il piede poggiato su una pietra.
San Giuseppe e i pastori dovettero rimanere per tutto il Seicento un esempio insuperato di studio dal reale e di introspezione emotiva: si è immaginato che tra loro avrebbero potuto ritrovarsi volti di frati cappuccini, o nobili e autorità messinesi, oppure «eletti teologi» «dall’aspetto grave e intellettuale».
Sembra comunque molto probabile che i volti dei due pastori più anziani siano stati tratti da modelli reali: lo suggerisce la ricomparsa dei loro volti, con espressioni differenti, negli sgherri di un Ecce Homo attribuito a Caravaggio e collegato al periodo messinese, conosciuto in varie versioni.