Descrizione e approfondimenti
La Madonna della Lettera con i Santi Pietro e Paolo, di Nunzio Rossi, è un dipinto su tela alto cm 392 e largo cm 229. Proviene dalla chiesa messinese dei Santi Pietro e Paolo dei Pisani dei Padri Crociferi, distrutta nel 1908, e arriva al Museo Civico, poi Nazionale, nel 1879, quando la chiesa viene demolita. L’opera si può datare tra il 1646 e il 1649.
L’iconografia della Madonna della Lettera, patrona di Messina, si riferisce alla tradizione della lettera inviata dalla Vergine ai messinesi in risposta alla richiesta di questi ultimi di porre la città sotto la sua protezione. La lettera, della quale si è tramandato solo il testo, in quanto della reliquia, se mai esistita, si è persa precocemente ogni traccia, era quindi una sorta di atto ufficiale di accoglienza e benevolenza da parte della Madonna nei confronti dei messinesi. Nella produzione figurativa locale, come nel caso del nostro dipinto, la lettera è raffigurata di solito come un rotolo di pergamena tenuto dalla Madonna o da Gesù Bambino, con il testo tradizionale trascritto in latino o solo suggerito da caratteri alla greca.
Nel nostro dipinto la Madonna e il Bambino sono sulle nuvole e attorniati da angeli. In basso, tra San Pietro, a sinistra, e San Paolo, a destra, si apre una veduta di Messina con il suo porto, allusiva alla protezione della Madonna sulla città.
Nunzio Rossi nasce a Napoli nel 1626 circa e muore in Sicilia dopo il 1650. Dopo aver lavorato a Bologna e a Napoli, nel 1646 è a Messina, dove affresca alcuni soffitti del palazzo del principe don Antonio Ruffo, proprietario della importante galleria d’arte sita in un palazzo nella Marina di Messina. Sempre per il principe Ruffo esegue fino al 1649 diverse tele con soggetti profani che entrano a far parte della sua galleria.
Lo storiografo messinese Francesco Susinno nel 1724 così la descrive: “una gran tela de’ SS. Apostoli Pietro e Paolo, figure in piè con in mezzo la Madonna col Bambino in seno ed altri putti d’un impasto gustoso e carico di gran massa di colori”.
Prima che venisse riconosciuta la mano di Nunzio Rossi, l’opera era stata accostata al messinese Agostino Scilla: un accostamento significativo, dal momento che si tratta di due pittori pienamente inseriti nel gusto pittoricistico di metà Seicento, caratterizzato da pennellate veloci con impasti densi e corposi. Ma mentre la pittura di Scilla ha solide basi classiciste, quella di Nunzio Rossi, partendo dal tardo caravaggismo napoletano nell’uso spregiudicato dei contrasti chiaroscurali, arriva ad uno stile pienamente barocco, fondato su scorci audaci e mossi e su stesure a macchie con giustapposizioni di volumi e masse, fino ad effetti di sfocatura, come nel viso di San Paolo o in quello della Madonna.
La veduta di Messina al centro, delineata con una discreta volontà illustrativa e vivacizzata dalla presenza di barche e velieri, forse risente dell’influsso di paesaggi e vedute di Abraham Casembrot, che il Rossi potrebbe aver visto nella collezione del principe don Antonio Ruffo.