Collezione: Archeologia
Il nostro viaggio negli abissi del Tempo e del Mare parte da un’epoca remota, 6000 anni fa, quando ancora non erano emerse la falce portuale di Zancle e la pianura alluvionale che la collega alle propaggini montuose.
Provengono dalle colline di Camaro i reperti più antichi del Museo: due piccole statuette in pietra dei Peloritani, definite come “idoletti a violìno” per la loro forma, e due vasi in terracotta, databili tutti all’età del Rame. Le due statuette rappresentano il corpo femminile sinuoso, simbolo di fertilità, ed erano state deposte insieme ai vasi utilizzati nel pasto, per sacrificarle alla Dea Madre. Si tratta, quindi, della più antica traccia di una cerimonia sacra compiuta dalle comunità che vivevano sulla sponda siciliana dello Stretto e della prima rappresentazione scolpita dagli artigiani locali.
Un’altra forma di religiosità preistorica, il culto degli antenati, è attestata dal riemergere, nelle profondità di Messina, di sepolture con inumati entro grandi vasi, databili entro il II millennio a. C. I pithoi qui esposti insieme con i vasi di corredo delle tombe, si possono attribuire alle comunità dell’antica e media età del Bronzo, anch’esse in stretto contatto con le civiltà orientali che attraversavano il Mediterraneo alla ricerca dei metalli.
Questa posizione dominante all’interno della rete di traffici mediterranei verrà esaltata dalla lenta emersione durante il secondo millennio a. C. della penisola di S. Raineri, che diverrà un sito portuale ideale per le navigazioni che precedettero la vera e propria colonizzazione greca nell’VIII secolo a.C. Dopo la fondazione di Zancle dal nome DANKLON che presso i Siculi significava “falce”, il ruolo strategico del porto lo rese appetibile alle mire di conquista di popoli diversi, come i Messeni ai quali si dovette, nel V sec. a. C., il mutamento di nome della città in Messene – Messana.
Non è un caso, quindi, che il primo atto dei coloni, provenienti dalla greca Calcide e dalla sua colonia tirrenica Cuma, sia stato la realizzazione di un piccolo santuario sull’estremità del porto, dove sotterrarono come voto agli Dei, che li avevano guidati nel viaggio, i preziosi contenitori greci di unguenti profumati che troviamo nel Museo.
Dovette essere collegato all’atto fondativo della colonia anche il grande tumulo circolare in pietrame scoperto dagli archeologi sotto il Palazzo Colapesce, nel punto di congiunzione tra il porto e la città. Durante il VII sec. a. C. intorno al tumulo vennero costruiti due piccoli edifici sacri, che sono gli unici finora rinvenuti a Messina.
Altre aree sacre sono state individuate ai limiti dell’abitato antico, dove sorgevano anche le necropoli greche: da questi siti provengono i preziosi reperti esposti in questa sezione, tra i quali il cratere a calice a figure rosse con scena teatrale.
Provengono dal centro urbano le quattro iscrizioni scritte in lingua osca, ma tramite l’alfabeto greco, con le quali i magistrati mamertini, nel III sec. a. C., dedicarono la fortificazione cittadina ad Apollo.
Nelle stratigrafie riemerse dalle fondamenta della città moderna gli archeologi hanno documentato il succedersi, nella pianura alluvionale a sud del porto, di diversi impianti urbani, a partire dalla prima età coloniale. Alle case isolate del VII sec. a. C. si sovrappongono abitazioni più tarde, comprese entro isolati che si ordinano in una maglia viaria ortogonale, pur subendo continue distruzioni e ricostruzioni, dovute ad eventi bellici e naturali.
In età ellenistica le abitazioni presentano vani più ampi e si caratterizzano per la presenza di piani pavimentali intonacati, che in età romana si arricchiscono di decori mosaicati.
Presso piazza Duomo Paolo Orsi mise in luce la statua romana della dea Igea ed il frammento di una statua del padre Asclepio: l’archeologo ipotizzò si trovassero all’interno di un “Asclepieion”, una sorta di santuario-ospedale.
Durante l’epoca imperiale romana il baricentro del centro urbano si sposta verso l’area prospiciente il porto, dove sorgeva il Foro, nel sito dell’attuale Municipio, dal quale proviene il torso maschile qui esposto.
Il nuovo assetto urbanistico si spiega con la vocazione marittima del municipium romano di Messana, attivo nell’organizzazione dell’annona che riforniva di alimenti Roma.
La città, quindi, si espande verso nord e l’area intorno al torrente Boccetta diventa sede di monumenti funerari gentilizi da cui provengono le numerose iscrizioni sepolcrali del Museo.
Il nostro viaggio si conclude con l’emersione del rostro romano dai fondali di Acqualadroni presso Capo Rasocolmo, dove sono state scoperte anche le gallocce a testa di cigno, qui esposte. Queste piccole sculture bronzee provengono dal relitto di una delle navi con cui Sesto Pompeo cercò di opporsi all’ascesa di Ottaviano Augusto, dovendo, infine, soccombere alla flotta di Agrippa nella battaglia navale di Nauloco, presso Milazzo, del 36 a. C.