Descrizione e approfondimenti
L’Ecce Homo è stato eseguito da Antonio Filocamo per la chiesa del monastero di Montevergine di Messina. Dalla chiesa, dopo il terremoto del 1908, giunge nelle collezioni museali. La tela è databile intorno al 1730/35 ed è una delle poche opere superstiti del pittore, essendo andati perduti tutti gli affreschi nelle chiese messinesi, per cui era famoso.
Nel dipinto è raffigurato l’Ecce Homo, Cristo coronato di spine, con il mantello rosso, le mani legate da una corda, una canna nella mano destra quale simbolico “scettro”, nel momento in cui viene condotto davanti alla folla, dopo essere stato flagellato. Secondo il Vangelo di Giovanni, Ponzio Pilato pronuncia le parole “Ecce Homo” (Ecco l’Uomo) mentre conduce Cristo colpito, deriso e umiliato, davanti alla folla che ne chiedeva la crocifissione. Nell’opera, di intenso patetismo, destinata alle suore del convento di Montevergine, Filocamo sa creare una presenza profondamente umana e sacrale.
Dal fondo scuro emerge con abili tocchi e velature di luce il corpo di Cristo. E’ costruito in un accademico plasticismo, studiato nella ricca tradizione seicentesca siciliana e romana, anche alla scuola di Maratta, di cui Filocamo fu allievo e collaboratore. Nel bel volto classico l’espressione dolorosa è accentuata dagli occhi velati dall’ombra, rivolti allo spettatore. Nella sottile “aureola” di luce si incidono le aguzze spine della corona, invenzione presente in altre opere del pittore, come il Crocifisso nell’Estasi di San Francesco di Paola, realizzata per la chiesa dei Santi Cosma e Damiano ed oggi custodita al Museo.