Archeologia
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Idoletto a violino

Scheda introduttiva e Contenuto di approfondimento

Autore Ignoto
DatazioneIV millennio C.
Tipo di oggettostatua
Materia e Tecnicapietra scistosa grigia
Dimensioni
CollocazioneSala Archeologia - Museo regionale Messina (Accascina)
Numero di inventarioSoprintendenza di Messina 4948

Descrizione e approfondimenti

Nel 1992 sulle colline di Camaro, negli scavi dell’attuale complesso edilizio “Il Mito” la Soprintendenza di Messina ha recuperato questo “idoletto a violino” insieme ad un altro molto più stilizzato. Il primo è stato ritrovato con le appendici spezzate, mentre l’altro è ancora integro.

Queste piccole statuette sono state definite “a violino” per la loro forma sinuosa che ricorda una rappresentazione antropomorfa femminile dove sono esaltate le parti del corpo femminile legate alla fertilità, come il ventre materno. Esse sono senza dubbio connesse al culto della Dea Madre.

I due idoletti di Messina richiama no nella forma gli “idoletti a violino” anatolici che utilizzano l’abbondante marmo locale. Il fatto che le nostre statuette siano, invece, in pietra scistosa grigia, di facile reperimento nei Peloritani, fa ipotizzare una produzione di questi manufatti nell’area dello Stretto, da sempre passaggio marino strategico per gli scambi culturali all’interno del Mediterraneo.

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Questi preziosi e antichissimi reperti archeologici dimostrano il ruolo strategico dello Stretto di Messina, ponte naturale tra il Mediterraneo orientale e quello occidentale. Il popolamento precoce delle sue sponde, infatti, si deve collegare alle rotte seguite dai marinai preistorici per reperire le materie prime necessarie alle civiltà del Medioriente che svilupparono per prime l’agricoltura, l’allevamento e la metallurgia.

Insieme agli idoletti sono stati ritrovati i due vasi esposti in questa vetrina, un vaso per contenere cibo o bevande ed una coppa per bere, che erano stati deposti in frammenti dentro una fossa scavata accanto ad un focolare. Gli archeologi ipotizzano che i vasi siano stati usati per consumare un pasto rituale e poi siano stati rotti intenzionalmente e sotterrati per “sacrificarli’ ossia renderli sacri alla Dea Madre .

Queste ceramiche sono state datate al IV millennio C. per le somiglianze con i vasi rinvenuti a Piano Conte nell’Isola di Lipari. Dobbiamo, quindi, concludere che gli idoletti di Messina sono più antichi di quelli delle Isole Cicladiche risalgono al Terzo Millennio.

Accanto agli idoletti è stata rinvenuta una deposizione funeraria nella nuda te Il rituale della morte, quindi doveva convivere, in quelle epoche lontane, con i riti propiziatori della fertilità, al fine della sopravvivenza della comunità che allora popolava la sponda isolana dello Stretto.

Una rappresentazione antropomorfa simile a questi idoletti è stata dipinta, sempre nel IV millennio, sulle pareti della Grotta di Cala dei Genovesi a Levanzo, che possiamo ritenere un luogo di culto preistorico nel mare .

Nella prima vetrina sono esposte anche tre fuseruole in terracotta appartenenti all’età del Rame, e ritrovate sempre a Camaro nel 1886, durante gli scavi per la ferrovia . Hanno una forma anulare perché servivano da volano per rendere più regolare l’azione del fuso nel lavoro di filatura delle fibre naturali ed animali. La pratica della filatura e della tessitura sono documentate in Sicilia a partire dal Neolitico, quando iniziarono le pratiche dell’agricoltura e dell’allevamento degli animali domestici .

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Fa parte del percorso

La preistoria della sponda siciliana dello Stretto