Il Museo Regionale di Messina, inaugurato nel nuovo e grande plesso nel giugno 2017, è oggi intitolato a Maria Accascina, tra le figure più rappresentative della storiografia artistica siciliana e storica direttrice dell’Istituto dal 1949 al 1963.
Sorge nell’area ove sussistevano le rovine del cinquecentesco monastero basiliano del San Salvatore dei Greci, distrutto dal terremoto del 1908, del quale sono tuttora visibili i resti dell’impianto della chiesa e la cripta sottostante, inglobata nell’area espositiva.
Organizzato su tre livelli, di cui due dedicati all’esposizione, copre una superficie di 17.118 mq, allestita anche negli spazi esterni con elementi architettonici. Le ricche collezioni, provenienti per la maggior parte dalla città pre-terremoto, testimoniano i rapporti e gli scambi che sin dalle origini interessarono Messina, grazie alla posizione strategica del porto naturale, tra i più importanti del Mediterraneo.
L’allestimento è basato su una esposizione integrata che riunisce le opere più rappresentative di un periodo, anche di diversa tipologia, nello stesso ambiente. Questo criterio è suggerito dalla natura eterogenea delle collezioni messinesi, costituite dalle opere del Museo Civico Peloritano, alle quali si è aggiunto l’ingente patrimonio recuperato dalle macerie di edifici ecclesiastici, pubblici e privati, crollati nel terremoto del 1908.
Conosciuto in tutto il mondo per i capolavori di Antonello da Messina e di Caravaggio, il Museo illustra la storia e la cultura artistica di Messina dal popolamento preistorico nel IV millennio A.C. al XIX secolo.
Nato nel 1806 come Museo Civico, grazie all’interessamento dello storico e letterato Carmelo La Farina, il Museo fu ospitato in diverse sedi: dai locali situati in Via del Rovere n. 82, sotto l’archivio pubblico dei Notai, a quelli del Collegio primario dei Gesuiti, sede della Regia Università, fino agli antichi Granili di S. Alberto in via Peculio Frumentario.
Con la soppressione degli ordini religiosi, le collezioni si arricchirono ulteriormente e nel 1890 il Museo fu allestito nell’ex Monastero benedettino di San Gregorio, sul colle della Caperrina.
Dopo il sisma, gran parte del patrimonio artistico recuperato fu trasferito nella spianata del San Salvatore, grazie all’intervento immediato e alla dedizione di Antonino Salinas, Soprintendente ai Monumenti, ai Musei e agli Scavi di Palermo e ai suoi collaboratori.
Dal 1911, l’ottocentesca Filanda Mellinghoff, rimasta integra e tuttora parte dell’ampio complesso museale, ospitò le opere provenienti dai primi ricoveri, divenendo sede del Museo Nazionale fin dalla sua istituzione nel 1914, sotto la direzione di Enrico Mauceri, a cui si deve un primo ordinamento delle collezioni e la riapertura al pubblico nel 1922.
Decaduto il progetto di un nuovo edificio, presentato da Francesco Valenti nel 1916 e tramontata l’idea di restaurare il Monte di Pietà quale sede definitiva del Museo, secondo il progetto di Armando Dillon, allo scoppio della seconda guerra mondiale le collezioni furono ricoverate nel Monastero di San Placido Calonerò, per essere riportate nell’antica collocazione nel dopoguerra.
Si deve a Maria Accascina il riordinamento del Museo dopo i danni causati dai bombardamenti. Dopo anni di intenso lavoro e fra molte difficoltà, Accascina lo riaprirà nel 1954, con un progetto museografico moderno, sempre inseguendo il sogno di un nuovo edificio in grado di ospitare definitivamente le collezioni.
L’ex Filanda Mellinghoff sarà utilizzata fino al 2017, anno del trasferimento nella nuova sede, i cui lavori di costruzione nella spianata del San Salvatore iniziano nel 1985, secondo il progetto degli architetti Basile e Manganaro.