L’incarico
Nel 1949, con lettera del 22 settembre, il ministro della Pubblica Istruzione, incarica formalmente la signorina Maria Accascina «di recarsi di urgenza a Messina per assumere temporaneamente la direzione di quel Museo Nazionale», il “temporaneo” incarico, durato fino alla pensione, nel 1963, sarà provvidenziale per la rinascita dell’istituto e per molti versi donerà una nuova vitalità all’intera città.
Formazione e inizio della carriera
Nata a Napoli nel 1898, da genitori originari di Mezzoiuso (PA), concluderà gli studi universitari in Lettere a Palermo e si specializzerà alla Real scuola di perfezionamento in storia dell’arte medievale e moderna dell’università di Roma, sotto la guida di Adolfo Venturi. Dopo un breve periodo di insegnamento di storia dell’arte, nel 1927 è nominata ispettrice al Regio Commissariato per la tutela degli oggetti d’arte della Sicilia, incarico che svolgerà con incrollabile impegno nel ventennio fascista, a dorso di mulo, nell’entroterra siciliano, non ancora preparato all’intraprendenza di una donna sola.
Obiettivo e metodo di lavoro
L’ obiettivo fu da subito chiaro nella sua mente: tirare fuori e far conoscere al mondo i tesori custoditi gelosamente in cappelle, sacrestie e conventi, da preti e abadesse del tutto insensibili al dato culturale insito in ogni singolo oggetto. I tempi non erano ancora maturi, contrariamente a quanto pensava l’ispettrice che dall’insegnamento di Venturi mai si accontenterà dello studio antiquario ottocentesco, privilegiando lo studio diretto, la vista, il tatto, le sensazioni immediate che ogni singolo manufatto può trasmettere, consapevole dell’incuria dei tempi più volte denunciata:
«Più si procede nel tempo più noi limitiamo e mutiliamo il nostro passato, non soltanto per quanto riguarda interesse scientifico ma per quanto riguarda l’esistenza reale dei monumenti; lasciamo distruggere castelli e palazzi, chiese ed affreschi, e nel tarlo le stoffe, i legni nell’umido, nella polvere i quadri, nel fango dell’indifferenza le cose dilette e sacre per la memoria della nostra terra».
Divulgazione e Valorizzazione
Il compito che si era prefisso andava al di la della mera personale conoscenza, dell’intimo colloquio dell’anima: acquisita la conoscenza e approfondito lo studio, bisognava renderli pubblici al numero più alto possibile di addetti ai lavori, studiosi e abituali lettori, rendendo in modo semplice un alto servizio per la tutela e la valorizzazione del patrimonio siciliano, fuori dall’Isola e in circuiti internazionali. Non solo scritti in riviste specializzate ma colloquio costante con la stampa siciliana caratterizzarono il desiderio di divulgazione per la conoscenza, con rassegne d’arte, presentazioni di mostre e anteprime degli stessi suoi studi. Studiosa e critica d’arte, nella sua missione di ispettrice non stilò mai un decalogo gerarchico delle opere d’arte, bensì promosse la pari dignità dei manufatti artistici, anche di quelli enumerati nel novero delle così dette “Arti minori”: argenterie, tessuti preziosi, sculture lignee, ceramiche, stucchi, ricami, riportati alla dignità della “storia”, ripercossero le strade della loro epoca, raccontando forse per la prima volta le cifre di un mirabile artigianato e arricchendo i lettori e gli studiosi di esperienze culturali nuove all’insegna di una “cultura ambientale” che tenesse conto dello «stretto rapporto… tra natura e arte».
La prima mostra di arte sacra e l’arrivo a Messina
La conoscenza totale e la valorizzazione di tale patrimonio che arrivi ad un pubblico vasto, si attuerà negli anni ’30 anche attraverso la “pioneristica” prima esposizione dei tesori delle parrocchie e dei conventi delle Madonie: la prima mostra di arte sacra organizzata nell’ex convento dei Riformati a Petralia nel 1937 renderà giustizia ad argenti e paramenti sacri, dipinti, sculture lignee e marmoree, abiti antichi, ricami, gioielli e portantine.
La ricostruzione del Museo di Messina
Alla fine del 1949 giunge a Messina dove i tempi erano maturi per la ricostruzione del museo e dell’identità cittadina. Contemporaneo al suo arrivo in un articolo apparso sul “Notiziario di Messina”, Nino Falcone, futuro direttore della Biblioteca Comunale di Messina, pone degli interrogativi che titolano: Ricostruire la città e la sua storia. I locali del Museo indegno ospizio dell’arte. Dopo avere ricordato che «la città nuova ha ora qualche raro antico monumento che parli dei suoi giorni fastosi, ma a voce, la fiaccola, l’animo di Messina antica è nel Museo», tuttavia riconosce che la sede inadeguata e lontana dal centro è di ostacolo alla ricostruzione e cura della memoria.
Maria Accascina al suo arrivo avrà modo di constatare la triste condizione in cui versa la struttura, sopravvissuta tuttavia alle vicende belliche che avevano visto succedersi nei locali del museo le sedi, prima del comando tedesco e successivamente di quello alleato. Già dal primo ingresso lungo la spianata il desolato paesaggio di incuria la porta a descrivere nella prima relazione, indirizzata al Ministero e alla città quanto osservato: «L’attuale edificio del Museo Nazionale di Messina nel Viale della Libertà, trovasi in un vasto recinto chiuso sul lato Est ed Ovest da un muretto con rete metallica.
E’ costituito da una costruzione di forma rettangolare dall’informe prospetto con un’appendice per gli uffici. All’ingresso per la rampa e tutt’attorno al Museo sono accatastate macerie e immondizie, specialmente sul lato Ovest che è il più indecoroso. Infatti, proprio sulla parete del Museo al di sopra della finestra della stanza dell’oreficeria, è stato costruito un gabinetto, una cucina, un lavatoio e sul piano antistante razzolano galline. E’ costituito ancora da 14 stanze al piano terreno, alcune molto ampie e luminose, che girano intorno a un verdeggiante giardino-cortile. Alcuni inconvenienti lo rendono assolutamente indecoroso:
- una lurida pavimentazione di cemento,
- i soffitti di alcune sale a travature scoperte,
- la tinteggiatura delle pareti in tinta rossa o rosso cupo da osteria di campagna. In questo ambiente l’ordinamento del materiale artistico è risolutamente antiscientifico, perché presenta
- quadri sovrapposti in parecchi ordini,
- mancanza di un criterio espositivo cronologico.
A supporto di quanto denunciato, la vasta esperienza acquisita nel campo della museologia che iniziava proprio a Palermo, negli anni ’30 del Novecento, con i suggerimenti per l’allestimento del Museo Nazionale, in linea con le nuove tendenze emergenti dal dibattito internazionale. Il museo di Messina divenne il campo di sperimentazione della nuova concezione dell’arte.
Gli interventi e i progetti di Rinnovamento
Il 6 agosto del 1950 il Notiziario di Messina comunica che l’Assessorato alla Pubblica Istruzione aveva stanziato «1 milione per iniziare i lavori di sterramento del materiale plastico-monumentale giacente dal 1908 sulla spianata di S. Salvatore dei Greci per provvedere all’ordinamento della sezione delle arti decorative.
La direzione del Museo ha immediatamente iniziato i lavori presentando un altro preventivo per le spese occorrenti per la sistemazione definitiva di tutto il materiale che dovrà essere sterrato, esaminato, selezionato, fotografato, ricomposto, e per la trasformazione dell’arida steppa della spianata in una villa dove possano essere utilizzati a scopo decorativo, colonne, statue, ruderi di secondario interesse artistico…
In seguito al vivo interessamento della direzione del Museo Nazionale di Messina e al pronto intervento delle Autorità, si è potuto ottenere che 17 monete d’oro bizantino, facenti parte del gruppo cospicuo di monete (150), scoperto a capo Schisò e passate alla Soprintendenza di Siracusa, fossero assegnate al Museo di Messina». L’1 gennaio 1953 la Gazzetta del Sud tesse le lodi della direttrice per l’impegno dimostrato:
«…E’ arrivata infatti una donna, la professoressa Accascina, e con i suoi pochi “soldi” a disposizione si è già posta all’opera per dare al nostro museo un volto nuovo, rispettabile ed accogliente. Sulla spianata ogni cosa è stata ordinata secondo la sua provenienza. Sono stati necessari…scavi archeologici per riportare alla luce molti oggetti, anche di grande valore, che abbandonati colà dopo il terremoto, erano stati ricoperti in alcuni posti da ben sette metri di terra…».
Ma a parte l’opera evidente del lavoro fisico di sistemazione delle aree esterne, a cui la stessa direttrice non si sottraeva, come evidenziano le campagne fotografiche dei diversi cantieri di lavoro finanziati negli anni, l’impegno più capillare, benché non fotografabile, fu lo studio a tappeto di ogni reperto presente al museo, nelle sale e nei magazzini, e la campagna ininterrotta di catalogazione e inventariazione che impegnarono sia l’Accascina in prima persona, sia personale che la stessa richiese per lo studio dettagliato delle 5000 monete possedute dal Museo e del materiale archeologico. Le schede prodotte, corredate da foto in bianco e nero, per le quali si avvalse di fotografi inviati dal Ministero, segnano l’inizio di un nuovo corso, l’inventario Accascina soppiantò, pur avvalendosene, il vecchio inventario Mauceri, mentre, alla luce delle disponibilità del Ministero, piuttosto che una nuova sede, si sceglie la soluzione, per la ex filanda Mellinghoff, del «restauro immediato all’edificio che si presentava in ottime condizioni murarie ma non di decorazione, procedendo quindi ad una rigorosa selezione delle opere esposte…. Prima di progettare con criteri moderni un nuovo museo bisognava rendersi conto non soltanto del materiale accatastato nei magazzini, ma bisognava provvedere ad una ricognizione diligente del materiale architettonico e plastico sulla spianata dato che, dopo quarant’anni dal terremoto e dopo tanti spostamenti ed eventi, erano assai mutate quelle condizioni di spirito e quelle possibilità e quei criteri che avevano spinto sia il defunto Soprintendente Valenti sia più recentemente l’ing. Mallandrino a destinare un certo numero di sale alla ricostruzione di cappelle o di colonne e portali nei progetti da loro presentati, e che per varie contingenze non avevano potuto avere attuazione…».
L’inaugurazione del nuovo Museo
Il nuovo Museo è inaugurato e riaperto nel 1954, alla presenza del messinese ministro alla Pubblica Istruzione, Gaetano Martino.
Il 4 giugno La Gazzetta del Sud così ricorda l’evento:
«Dove fino a pochi anni fa non erano che macerie, ricoperte di muschio, tristemente recinte da un reticolato che sembrava ricordare un campo di concentramento, si stende ora un bel viale, limitato da un’aerea balaustra, attraverso e sopra la quale traluce l’azzurro del mare. Intorno al viale, da entrambe le parti, piante di aranci e di oleandri testimoniano la vita che risorge… Chi ricorda la congerie di massi accatastati sulla rampa all’esterno e nell’interno dell’edificio, dalle sale rozze con i pavimenti di cemento dove l’esposizione delle opere d’arte rispettava ancora un concetto antiquato, chi ricorda queste cose, che sono solo di tre anni fa, non può non credere al miracolo…».
Due giorni dopo, La Tribuna del Mezzogiorno osserva che
«il nuovo ordinamento del Museo Nazionale di Messina… non avrà l’arida freddezza caratteristica dei musei, ma una calda intimità con le sue luci diffuse, con i tendaggi dalle eleganti pieghe che servono da sfondo a una soave Madonnina marmorea e al mirabile Cristo di legno così vibrante d’umano calore nello spasimo dell’agonia, o alla Vergine di Antonello…».
Una nuova visione museale
La stessa direttrice, in un’intervista rilasciata il 24 maggio alla Tribuna del Mezzogiorno, in vista dell’imminente riapertura, chiarisce le linee dei criteri adottati:
«Criterio fondamentale del nuovo ordinamento non è esporre con carattere di stabilità assoluta le opere, il che non potrebbe farsi bene data l’angustia dei locali, ma di offrire al pubblico la possibilità di godere l’opera isolata o stanziata dalle altre avvicendandone l’esposizione secondo una particolare tesi scientifica da dimostrare. Tra esporre molte opere e male, mettendo in una stessa sala voci pittoriche completamente diverse, si è preferito esporne pochissime e tali da potere suscitare non soltanto emozione estetica, ma chiarire un determinato problema stilistico.
Dalle ricerche dei magazzini sono apparse opere d’arte decorative di notevole interesse che per la prima volta verranno esposte come esempio dell’attività di quelle maestranze artigiane che formarono ricchezza e vanto ad un tempo della Messina barocca. Ma non tutto è possibile esporre in una sola sala nè il materiale attualmente esistente consente un’esposizione scientifica, dimostrativa degli sviluppi di quella attività serica che a Palermo e a Messina diede una ininterrotta serie di piccoli capolavori: molti esemplari per il ‘700 e nessuno per il ‘400 e per il ‘500, mentre in armadi abbandonati delle vecchie sacrestie di provincia pezzetti preziosi giacciono nella polvere e fra i tarli. Si tratta quindi anche di iniziare un’opera di raccolta, di scelta fra il materiale purtroppo abbandonato da parecchi decenni seguendo quello inarrivabile esempio dato dal prof. Salina per le raccolte di Palermo. E rendendo il museo non un luogo di deposito malinconico di vecchie cose, ma centro di studio e di raccolta di quelli che sono i documenti più chiari della civiltà artistica.
Lo stesso criterio ha guidato la sistemazione in tre piccole sale del materiale archeologico: scegliendo i pezzi più importanti, esponendo per la prima volta, parte della ricca raccolta di monete e riunendo in un armadio quegli elementi – terrecotte, frammenti, ceramiche – che possono avere interesse soltanto per lo studioso. In tutte le sale rinnovate nei pavimenti marmorei, e nelle tinteggiature si è posta anche l’illuminazione allo scopo di poter aprire al pubblico almeno una volta al mese il museo di sera, non soltanto per permetterne la visione a quanti di giorno sono occupati, ma anche allo scopo di poter richiamare con lezioni d’arte su argomenti specifici il pubblico e spingerlo ad un più largo interessamento per la cultura.
In conclusione il nuovo ordine deve essere considerato come una prima mostra di opere d’arte appartenenti al museo alla quale altre ne seguiranno per avvicendare nella esposizione quanto non può essere esposto sia per la mancanza di spazio sia per necessità di restauro. Urgente appare infatti l’organizzazione di un gabinetto di restauro non limitato alle opere di pittura, ma anche alla scultura, ai ricami, alle sete, per salvare dalla perdita opere pregevoli, e non soltanto quelle qui nel museo esistenti, ma in tutti i centri della Sicilia Orientale troppo lontane dalla Sovrintendenza di Palermo per essere soggette ad una controllata vigilanza. Questa azione riparatrice del restauro per cui si dovrebbe provvedere con giovani edotti nei nostri istituti d’arte si rende particolarmente urgente per tutto il materiale accatastato nelle spianate.
I gabinetti di restauro, l’archivio fotografico, la catalogazione delle opere, tutta l’azione da svolgere per salvare quanto dev’essere salvato del patrimonio artistico siciliano rendono assolutamente urgente la soluzione dell’annoso problema del nuovo museo. E la rendono urgente anche i 300 e più quadri accatastati nel magazzino, gli intarsi marmorei pregiatissimi e geniale opera di maestranze messinesi che abbiamo, si, dissotterrati, ma che non possiamo custodire, le sculture, i sarcofagi dappertutto sparsi.
Il nuovo museo è già progettato dal Ministero della Pubblica Istruzione legato all’attuale edificio che resterebbe per la scultura e per le arti decorative. La nuova galleria sarebbe attrezzata secondo i metodi più moderni ed avrebbe anche una grande sala per conferenze ed anche un teatro all’aperto ricavato nella naturale cavea del terreno dinanzi e un panorama eccezionale. Tutti gli edifici si svolgerebbero nella vasta area che affianca l’attuale museo e verrebbero circondati da un parco in cui, con funzione decorativa, verrebbero esposti quegli elementi plastici o architettonici degli antichi edifizi messinesi che possono essere adatti a tale scopo. Le macerie, sgombrate e trasformate in sottosuolo, statue e colonne rialzate e inframezzate da pini o da tigli verrebbero a creare un parco delizioso per circondare in un’oasi di silenzio lo studio o l’ammirazione delle opere d’arte, …il patrimonio artistico del museo di Messina non deve essere considerato a se stante, ma legato con mille fili a quanto più o meno mal conservato si trova in provincia o altrove».
L’approvazione della stampa e del ministro Martino
Entusiastica approvazione del percorso è espressa dalla stampa e dallo stesso Ministro Martino il 6 giugno, giorno dell’inaugurazione. Il Giornale di Sicilia dopo avere ricordato il lavoro incessante di sistemazione, commenta come
«appena uscita dal Museo, una visione nuova ed improvvisa colpisce l’attento osservatore. Sopra una spianata, digradante per collinette e brevi alture, una città si distende sull’erba; è la Messina raccolta con paziente cuore dai resti del terremoto e della guerra. Ancora la stessa Maria Accascina ha provveduto a riordinare ed a ricomporre tanta rovina…»,
e per il Ministro con la nuova realtà museale «… si concreterà, in tal guisa, quella circolante unità delle forme estetiche, che dall’opera d’arte va alla suppellettile e al capo di vestiario; unità sulla quale si incentra la moderna museografia che intende rimuovere tutte le barriere frapposte tra arte e vita, tra la luminosa visione del sogno fermato dall’artista ed il vivere spesso doloroso di tutti i giorni, in modo che gli uomini si sentano attratti dall’arte non per fuggire la vita e le responsabilità della vita ma per una più alta visione del vivere stesso, per il suo innalzarsi nella sfera superiore dell’ideale e dell’assoluto…
Il ruolo del Museo nella vita della città
Questa è la funzione, questo il compito dei Musei: non di raccogliere mute e fredde testimonianze dei tempi passati ma di portare l’arte a contatto con la vita, di essere cioè cuore vivo e pulsante di ogni città». L’inaugurazione non sarà il punto di arrivo dell’incessante attività che continuerà negli anni successivi con nuovi cantieri di lavoro, nuovi finanziamenti, nuove campagne fotografiche e adesione ad iniziative non solo locali, come le Settimane internazionali dei Musei, promosse annualmente dall’Unesco su iniziativa dell’ICOM, la cui importanza è sottolineata dalla stessa direttrice per la quale «il Museo Nazionale di Messina vuol fare in modo che il museo venga considerato non soltanto come un luogo di studi per i romantici evocatori del passato ma come un luogo dove, al termine di una giornata di lavoro, gli impiegati e gli operai possano, con le loro famiglie, trascorrere qualche ora nella contemplazione delle opere della bellezza, pacificatrice dello spirito e alimentatrice di nobili pensieri». E nello stesso tempo il desiderio di informare, di insegnare, di far capire e scoprire, la vedono in prima linea nel guidare personalmente «i visitatori sulla spianata di S. Salvatore dei Greci per rievocare sui frammenti le distrutte chiese di Messina». Tale opera continuerà ininterrottamente fino al 12 marzo 1963, quando per raggiunti limiti di età, sarà congedata dal Ministero, nonostante la richiesta di prolungamento del servizio.